L’Autorità Nazionale Anticorruzione, con atto del Presidente del 26 luglio 2023 n. 1332, è tornata a pronunciarsi sul divieto di commistione tra le caratteristiche oggettive dell’offerta e i requisiti soggettivi dell’impresa concorrente.
La pronuncia riguarda criticità emerse nell’esercizio dell’attività di vigilanza, ai sensi dell’art. 213, comma 3 del d.lgs. 50/2016, in una procedura ristretta, indetta da ACEA S.p.a., in nome e per conto di Acea ATO 2 S.p.a., in data 9 febbraio 2023, per l’affidamento, mendiate OEPV, di un accordo quadro avente ad oggetto la manutenzione reti e servizi del ciclo idrico integrato suddiviso in tre lotti omogenei di importo complessivo pari ad euro 45 milioni.
In via preliminare, l’ANAC osserva che ACEA S.p.A., in quanto impresa pubblica, assumendo la qualità di ente aggiudicatore, ai sensi dell’art. 1 del D.lgs. 50/2016 – applicabile ratione temporis – ed essendo il relativo accordo quadro preordinato al perseguimento di una delle attività di cui ai settori “speciali” (vedi artt. da 115 a 121 del d. lgs. 50/2016), è dunque assoggettata all’obbligatorietà del ricorso a procedure ad evidenza pubblica per la selezione del contraente.
Ciò premesso, l’Autorità contesta anzitutto la legittimità del criterio di valutazione delle offerte tecniche “K7 Esecuzione pregressa di lavori specialistici”, per il quale il disciplinare ha previsto un punteggio massimo di 8 punti attribuiti in virtù dell’importo complessivo dei lavori specialistici eseguiti relativi a “manutenzione, ordinaria e straordinaria, delle reti idriche e/o fognarie” eseguiti con buon esito nel triennio 2020-2022 per conto di aziende di gestione del sistema idrico integrato”.
Tale criterio si pone infatti in conflitto con l’art. 30 del d.lgs. 50/2016, con la Direttiva 2014/25 UE del 26 febbraio 2014, nonché con le norme del Trattato UE a tutela della concorrenza, in quanto “non sembra garantire l’apertura del mercato alla concorrenza, atteso che restringe la valutazione dei pregressi lavori specialistici soltanto ai lavori di manutenzione effettuati “per conto di aziende di gestione del sistema idrico integrato” e non per conto di altri soggetti committenti, con il ragionevole rischio di limitare la possibilità di concorrere alle sole imprese che già stanno eseguendo lavori di manutenzione per ACEA”.
Pertanto, la previsione di tale requisito “appare irragionevole e non rispettosa del principio di libera concorrenza, perché restrittiva della partecipazione nel duplice senso, oggettivo (come astratta possibilità di contendersi il mercato in posizione di parità) e soggettivo (per la creazione di posizione di ingiustificato favore di una ristretta rosa di concorrenti, unici in grado di conseguire il massimo punteggio attribuibile in relazione ai criteri contestati)”.
Inoltre, continua l’ANAC, sia il citato criterio K7 sia i criteri “K8 Rating di sostenibilità (Ecovadis)” e “K9 Possesso alla data di scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte, della certificazione ISO 14064-1a (Gas Serra), con l’impegno di mantenerla per tutta la durata contrattuale” non sono in linea con la disciplina di cui all’art. 95, comma 6 del d.lgs. 50/2016 – applicabile ratione temporis.
I criteri de quibus non sono infatti idonei ad evidenziare le caratteristiche migliorative delle offerte ed a differenziarle a seconda della rispondenza o meno all’interesse pubblico di ACEA S.p.A., trattandosi di “requisiti meramente soggettivi dell’impresa partecipante”.
Tantomeno, nel caso di specie, l’utilizzo di tali criteri è legittimato ai sensi dell’art. 95, comma 6, lettera e) del D.lgs. 50/2016 – applicabile ratione temporis – dal momento che, come rammenta l’Autorità stessa, l’introduzione di criteri relativi all’ “organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto” è soggetta al verificarsi di due condizioni: che il criterio esperienziale getti luce sulla qualità dell’offerta e che il punteggio assegnato non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo.
Tale aspetto è stato precisato anche dalle Linee Guida n. 2, secondo cui “nella valutazione delle offerte possono essere valutati profili di carattere soggettivo introdotti qualora consentano di apprezzare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta o di valorizzare caratteristiche dell’offerta ritenute particolarmente meritevoli; in ogni caso, devono riguardare aspetti, quali quelli indicati dal Codice, che incidono in maniera diretta sulla qualità della prestazione. […] Limitato deve essere, di regola, il peso attribuito ai criteri di natura soggettiva o agli elementi premianti, ad esempio non più di 10 punti sul totale, considerato che tali elementi non riguardano tanto il contenuto dell’offerta ma la natura dell’offerente”.
Parimenti, il Consiglio di Stato ha chiarito che “la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto la possibilità di applicare in modo attenuata il tendenziale divieto di commistione tra le caratteristiche oggettive della offerta e i requisiti soggettivi della impresa concorrente, alla duplice condizione a) che taluni aspetti dell’attività dell’impresa possano effettivamente ‘ illuminare’ la qualità della offerta e b) che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, per attività analoghe a quella oggetto dell’appalto, non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo” (Cons. Stato sez. V, 22 ottobre 2018 n. 6026).
Secondo l’ANAC, dette due condizioni non sembrerebbero sussistere nel caso in esame.
Infatti, i tre criteri in questione, da un lato “non illuminano la qualità dell’offerta”; dall’altro avrebbero un punteggio che “pare incidere in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo”, essendo questi pari al 33% del punteggio tecnico attribuibile all’offerta.
Stabilire nel disciplinare l’attribuzione di un punteggio massimo complessivo pari a 23 punti su 70 ai suddetti tre criteri, secondo l’Autorità, “significa incidere in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo in contrasto, oltre che con il divieto di commistione tra i requisiti soggettivi dell’operatore economico e le caratteristiche oggettive della offerta, anche con quanto previsto dalle Linee guida n. 2 che limitano il peso attribuito ai criteri di natura soggettiva a non più di 10 punti sul totale, considerato che tali elementi non riguardano tanto il contenuto dell’offerta ma la natura dell’offerente”.
La stazione appaltante avrebbe quindi dovuto adottare quantomeno un’adeguata e puntuale motivazione delle ragioni della diversa scelta amministrativa operata, anche ai fini della trasparenza, “circostanza questa non verificatasi nella specie”.
I rilievi sopra evidenziati confermano quanto da sempre sostenuto dall’ANCE sia, in generale, con riferimento al divieto di inserimento di requisiti di qualificazione dell’offerente, all’interno degli elementi di valutazione dell’offerta tecnica e sia, nel particolare, riguardo alla specifica previsione, tra questi, del criterio dei “lavori analoghi” a quelli oggetto della procedura di gara.
Nel sistema degli appalti di lavori pubblici, infatti, il possesso dei requisiti speciali necessari per la partecipazione viene dimostrato, per appalti di importo superiore a 150.000 euro e fino a venti milioni di euro, obbligatoriamente e unicamente attraverso l’attestazione SOA, annovera anche l’esecuzione dei lavori analoghi a quelli realizzati nelle categorie oggetto dell’attestato.
L’idoneità della pregressa esperienza dell’operatore a partecipare allo specifico appalto viene quindi valutata e accerta al momento del rilascio dell’attestazione, da parte della SOA. Pertanto, non può essere nuovamente richiesta in fase di gara e assurgere a criterio di attribuzione del punteggio dell’offerta, pena una duplice ed indebita valutazione di analoghi elementi soggettivo/strutturali dell’impresa.
Ciò, in linea con l’acquis comunitario.
Infatti, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha, in più occasioni, operato una netta separazione tra la fase di selezione dell’offerente, da effettuarsi tramite criteri di idoneità o requisiti di partecipazione, e la fase di selezione della migliore offerta, da individuare tramite i criteri di aggiudicazione (cfr. Corte di Giustizia, 24 gennaio 2008, C.532/06; 19 giugno 2003, C-315/01).
Inoltre, la Commissione Europea ha qualificato come “bad practice” la commistione dei criteri di selezione dei candidati con criteri di attribuzione del punteggio che si concreti, ad esempio, nella valutazione della pregressa esperienza in lavori analoghi.
Tali principi hanno trovato poi ampia condivisione a livello nazionale, come confermato da un consolidato orientamento giurisprudenziale e dalle numerose pronunce sul tema della stessa Autorità (tra le altre, vedi delibera n. 70 del 24 gennaio 2018).
Al riguardo, per completezza, si evidenzia che il Codice 36/2023, entrato in vigore lo scorso 1° aprile, non ha riproposto, ai fini dell’elencazione esemplificativa dei criteri dell’OEPV, contenuta all’articolo 108, quello relativo all’organizzazione, alle qualifiche e all’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, oggetto della pronuncia in esame.
Infine, va rilevato che la menzionata Autorità ha censurato la lex specialis in esame anche sotto il profilo della suddivisione in lotti, avendo questa previsto “tre maxilotti di 15 milioni di euro ciascuno”.
L’ANAC ha ritenuto che “trattandosi di una facoltà discrezionale della stazione appaltante, avrebbe dovuto essere motivata negli atti di gara, in relazione alla adeguatezza del valore del lotto rispetto alla garanzia dell’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese, in conformità con l’art. 51 del d.lgs. 50/2016”.
Affinché infatti possa essere ammessa la deroga al principio generale di suddivisione dell’appalto in lotti coerenti alle dimensioni delle PMI, ricorda l’Autorità, questa “deve essere adeguatamente motivata in relazione al caso concreto; e tali motivazioni siano caratterizzate da ragionevolezza e proporzionalità, rispetto all’interesse pubblico perseguito. In tal senso, non si ritiene comunque adeguata una motivazione riferita in via esclusiva o prevalente alla finalità di ottenere dalla gara stessa il miglior risultato quanto a riduzione della spesa o massimizzazione dell’efficienza, finalità che alla luce dell’art. 51 appare recessiva rispetto a quella di tutela della partecipazione delle imprese di minor dimensione”.
Pertanto, nel caso in esame, la suddivisione in tre lotti operata dalla Stazione appaltante, attesa la mancata motivazione circa l‘adeguatezza del valore del lotto rispetto alla garanzia dell’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese, “pare non in linea con l’art. 51 del d.lgs. 50/2016”.
Per ulteriori dettagli, si rinvia al testo del provvedimento in allegato.