Il giudizio di verifica dell’anomalia dell’offerta nei contratti pubblici mira a valutare la sua attendibilità e affidabilità complessiva per garantire l’esecuzione corretta dell’appalto, senza concentrarsi su errori specifici nell’offerta economica.
È uno dei principi ricostruiti dalla sezione V del Consiglio di Stato, che nella sentenza n. 8356 del 15 settembre 2023, ripercorre la più recente e consolidata giurisprudenza sul giudizio di congruità dell’offerta.
Nel caso specifico, il Collegio ha utilizzato tali principi per respingere le censure avanzate dall’appellante in una gara bandita ai sensi del previgente del d.lgs. 50/2016, confermando quanto già espresso nel subprocedimento di valutazione dell’anomalia da parte della stazione appaltante.
Il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta ha come obiettivo l’accertamento dell’attendibilità e della serietà dell’offerta nel suo complesso, nonché della reale capacità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto nelle condizioni proposte (Cons. di Stato, sez. V, 28 gennaio 2019, n. 690)
Al pari di quanto previsto nel previgente art. 97 del d.lgs. 50/2016, come modificato dal d.l. 76/2020 (l. conv. 120/2020), il Codice 36/2023 conferma la procedura di verifica delle offerte anomale negli appalti pubblici, con due modalità distinte.
Infatti, l’offerta ritenuta non attendibile, in quanto incapace di garantire una congrua remunerazione economica o la sua effettiva realizzabilità, può essere esclusa attraverso:
2. Il Giudizio di verifica dell’anomalia
Con riferimento, al giudizio dell’amministrazione che caratterizza il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, il Consiglio di Stato ha ricostruito, nella sentenza n. 8356/2023 in esame, alcuni punti saldi della consolidata la giurisprudenza in materia.
a) Carattere sanzionatorio
Il procedimento di verifica dell’anomalia non ha carattere sanzionatorio, poiché si concentra sulla necessità d valutare l’attendibilità complessiva dell’offerta rispetto all’obiettivo dell’appalto (Cons. di Stato, n. 690/ 2019 cit.).
b) Natura globale e sintetica del giudizio
Il giudizio di anomalia ha “natura globale e sintetica, e deve risultare da un’analisi di carattere tecnico delle singole componenti di cui l’offerta si compone, al fine di valutare se l’anomalia delle diverse componenti si traduca in un’offerta complessivamente inaffidabile” (v. Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2018, n. 7178).
Tale procedimento è finalizzato ad accertare che l’offerta sia attendibile nel suo complesso, con un procedimento avulso da formalismi, improntato sulla collaborazione tra l’impresa partecipante e l’amministrazione (v. Cons. Stato, sez. V, 4 novembre 2019, n. 7506).
Sul punto, da segnalare la diversa giurisprudenza che partendo dal dato di una valutazione complessiva, ritiene che non vi è la necessità dell’esame nel dettaglio delle singole voci di costo (v. Cons. Stato, sez. V, 23 maggio 2023, n. 5100), poiché il giudizio di anomalia deve concentrarsi sull’attendibilità complessiva dell’offerta in relazione all’esecuzione concreta dell’appalto e non può essere frammentato in una ricerca di errori nelle singole voci di costo presenti nell’offerta (v. Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 2023, n. 4559).
c) Impugnazione del giudizio
Nella sentenza n. 8356 del 2023, in esame, il Consiglio di Stato ribadisce che il giudice amministrativo può esaminare la logicità, la ragionevolezza e l’adeguatezza delle valutazioni dell’Amministrazione, ma non può condurre una verifica indipendente sulla congruità dell’offerta e delle singole voci (v. Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1066).
Infatti, il giudizio di congruità, rappresentando un potere tecnico-discrezionale della Pubblica Amministrazione che, in linea di principio, è insindacabile dal giudice amministrativo, a meno che non siano evidenti errori o irragionevolezze nell’operato della Commissione di gara (sul punto v. anche Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 2023, n. 8640);
d) Modifiche alle giustificazioni
Come osservato nella sentenza in esame, durante il contraddittorio sulla verifica dell’anomalia dell’offerta, è possibile apportare modifiche alle giustificazioni relative all’offerta economica, inclusi aggiustamenti e compensazioni tra voci di costo, purché l’offerta rimanga affidabile per l’aggiudicazione e l’esecuzione del contratto (v. Cons. Stato, sez. III, 31 maggio 2022, n. 4406).
Ovviamente, queste modifiche – come osserva altra giurisprudenza non citata dalla sentenza in commento, ma di rilievo sul punto – non devono portare a un’offerta completamente diversa da quella presentata inizialmente (v. Consiglio di Stato, sez. V, 1° febbraio 2022, n. 706).
Inoltre, sempre altra giurisprudenza, ha evidenziato le peculiarità del principio generale del contraddittorio che consente al concorrente di modificare le giustificazioni dell’anomalia; ciò a condizione che l’entità dell’offerta economica rimanga invariata, rispettando così la regola di immodificabilità dell’offerta stessa. Questo principio si basa sul fatto che l’immodificabilità dell’offerta economica riguarda principalmente le dichiarazioni negoziali di volontà e non le giustificazioni economiche dell’offerta, che possono essere modificate. In altre parole, un concorrente può apportare modifiche alle spiegazioni relative alla composizione delle voci di costo dell’offerta, ma l’importo complessivo dell’offerta non può essere alterato (v. Consiglio di Stato, sez. V, 15 dicembre 2021, n. 8358).
e) Elementi sopravvenuti
Nella stessa sentenza il Consiglio di Stato ricorda che, a garanzia della serietà delle offerte, le singole voci di costo possono essere modificate in caso di sopravvenienze di fatto o normative che comportino una riduzione dei costi o in presenza di errori di calcolo comprovati (v. Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2020, n. 1874).
Come infatti recentemente stabilito in una sentenza non citata da quella in esame, la valutazione della sostenibilità dell’offerta deve considerare le sopravvenienze economiche, sia positive che negative (v. Cons. Stato, sez. V, 27 giugno 2023, n. 6254)
f) Manodopera
Secondo la citata sentenza i valori indicati nelle tabelle ministeriali relativi al costo della manodopera non sono vincolanti e possono essere superati se la stazione appaltante dimostra in modo puntuale e rigoroso che lo scostamento è giustificato (v. Cons. Stato, sez. V, 26 aprile 2018, n. 2540).
Il principio espresso dalla sentenza in commento si riferisce all’art. 97, comma 6 d.lgs. n. 50/2016, mentre l’art. 41 comma 14 del Codice 36/2023, in vigore, significativamente, opera una netta “inversione di rotta” rispetto al primo laddove dispone: “14. Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Proprio con riferimento a quest’ultimo Codice, si evidenzia una recente pronuncia dello stesso Collegio, in cui è stato chiarito che anche nel quadro normativo vigente è l’operatore economico che può proporre un ribasso sul costo complessivo del personale, a condizione che dimostri che questo sia il risultato di un’organizzazione aziendale più efficiente, garantendo così la coerenza con l’art. 41 della Costituzione (v. Cons. Stato, sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665).
Sempre con riferimento al tema della manodopera, si segnala, inoltre, la sentenza del 1° settembre 2023, n. 8128 con la quale il Consiglio di Stato ha confermato l’esclusione dalla gara di un operatore che aveva proposto un ribasso eccessivo sui costi della manodopera, anche se al di sopra della percentuale di incidenza minima prevista dalla tabella allegata al D.M. n. 143/2021 in materia di verifica della congruità della manodopera.
In particolare, sul punto è stato precisato che l’attestazione di congruità “individua la percentuale di incidenza minima del costo della manodopera, ovvero quella soglia al di sotto della quale scatta la presunzione di non congruità dei costi del personale. Non vale, peraltro, la reciproca, per cui al di sopra della soglia così individuata, il costo della manodopera debba ritenersi automaticamente e per ciò solo congruo”.
Al di là, infatti, del rispetto formale delle percentuali di incidenza della manodopera, il ricorso è stato respinto, in quanto “l’appellante non è stato in grado di fornire puntuale, adeguata e circostanziata dimostrazione delle modalità (e delle condizioni) per poter conseguire una effettiva riduzione delle ore lavorate, tale da incidere, in guisa rilevante, sui costi da sostenere per il personale da utilizzare nella esecuzione della commessa”.
g) Margine di utile
Nella sentenza in esame, viene ribadito che anche un margine di utile modesto impedisce di considerare un’offerta come anomala, e eventuali scostamenti tra dati reali e previsionali possono essere coperti da un margine di utile previsto (v. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2018, n. 6295).
Infatti, come sottolineato dallo stesso Collegio in altre occasioni, òa valutazione di anomalia deve tener conto di tutte le circostanze del caso, senza fissare una soglia minima di utile, poiché un utile anche modesto può rappresentare un vantaggio significativo “sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, il mancato utilizzo dei propri fattori produttivi è comunque un costo, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e dall’aver portato a termine un appalto pubblico”. In tal caso, rispetto al (Cons. Stato, sez. V, 5665/2023 cit.).