Al pari del previgente codice, il nuovo codice appalti tutela gli interessi dei lavoratori richiedendo l’indicazione separata dei costi della manodopera e garantendo il rispetto dei minimi salariali. Parallelamente, salvaguarda la libertà d’impresa, ammettendo ribassi su tali costi purché derivanti da un’organizzazione aziendale più efficiente, da dimostrare nell’ambito della successiva e obbligatoria verifica di anomalia.
Se l’intenzione di ribassare i costi della manodopera non è chiara, l’offerta può essere interpretata per verificare la reale volontà del dichiarante, nel rispetto dei principi di risultato e fiducia.
È quanto deciso sulla ribassabilità dei costi della manodopera nelle recenti sentenze del Consiglio di Stato n. 9254 del 19 novembre 2024 (v. anche la successiva n. 9255), che intervengono a risolvere il dibattito interpretativo particolarmente acceso a seguito della nuova disciplina introdotta con il d.lgs. n. 36/2023, ossia cd. codice appalti, che sul punto si differenza parzialmente dal previgente d.lgs. 50/2016.
La controversia nasceva da una procedura aperta finanziata con fondi PNRR per l’affidamento congiunto della progettazione esecutiva e l’esecuzione lavori. L’aggiudicazione era prevista con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Contestazioni sono sorte in merito alla validità delle offerte in gara, con il TAR che aveva accolto il ricorso della terza classificata, ritenendo la Commissione responsabile di “manipolazione” nell’interpretazione dell’offerta aggiudicataria e, comunque, di aver ammesso il ribasso della mano d’opera.
Come noto, il codice appalti, ha introdotto una disciplina articolata in materia di costi della manodopera, che si ricava dal combinato disposto di diverse disposizioni. In particolare, l’art. 41 comma 14 stabilisce testualmente che “i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso“, aggiungendo però che “resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale“.
Su tale tema, l’ANAC, con la Delibera n. 528 del 15 novembre 2023 (richiamata assieme al bando tipo n. 1 dall’appellante aggiudicataria), ha chiarito che i costi della manodopera, pur essendo indicati separatamente negli atti di gara come richiesto dall’art. 108, co. 9, del codice, possono rientrare nell’importo complessivo soggetto a ribasso. Tale interpretazione bilancia la tutela dei lavoratori con la libertà economica delle imprese. L’ANAC ha inoltre sottolineato che l’obbligo di indicare tali costi sarebbe privo di senso se non fossero ribassabili. L’operatore economico ha la facoltà di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, purché siano rispettati i minimi salariali inderogabili.
Infine, nella Delibera n. 491 del 29 ottobre 2024, l’ANAC ha ribadito che il divieto di ribasso non è assoluto. In sede di verifica di anomalia, il ribasso può essere giustificato da una riorganizzazione aziendale che garantisca sostenibilità e rispetto delle norme salariali.
Nell’esaminare la questione, il Consiglio di Stato evidenzia “una piena continuità del codice del 2023 rispetto a quello del 2016” nella tutela e disciplina degli interessi dei lavoratori. Il Collegio ha infatti ritenuto che “anche nel vigore del nuovo codice dei contratti pubblici è ammesso il ribasso sui costi della manodopera indicati dalla stazione appaltante nella lex specialis di gara“.
A dimostrazione di ciò, osserva il Collegio, l’indicazione separata dei costi della manodopera nell’offerta, imposta a pena di esclusione dall’art. 108 del codice, “sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili“. Allo stesso modo, la loro inclusione tra gli elementi di verifica dell’anomalia dell’offerta conferma che tali costi possono essere oggetto di ribasso.
Secondo il Consiglio di Stato, il codice appalti intende responsabilizzare gli operatori economici, affinché questi svolgano una valutazione accurata dei costi prima di formulare il proprio ribasso complessivo.
Di conseguenza, un ribasso che comporti una riduzione dei costi della manodopera rispetto a quelli indicati a base d’asta determina una “presunzione iuris tantum di anomalia” dell’offerta, nell’ambito della quale “l’operatore economico avrà l’onere di dimostrare che il ribasso deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, oltre il rispetto dei minimi salariali“, il che consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera con la libertà di iniziativa economica e d’impresa. Al contrario, un’offerta con costi della manodopera superiori rispetto alla base d’asta non costituisce un indice automatico di anomalia, salvo che tale aumento comprometta la remuneratività dell’offerta, riducendo l’utile complessivo.
Riguardo all’esplicitazione della volontà di tale ribasso, il Collegio ha poi fornito un’interpretazione sistematica del quadro normativo che valorizza due principi fondamentali: il principio del risultato (art. 1), che si traduce nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale delle regole di gara, e il principio della fiducia (art. 2), che valorizza l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, affermando che ogni stazione appaltante ha la responsabilità di svolgere le gare non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo presente la loro finalità di realizzare un’opera pubblica nel modo più rispondente agli interessi della collettività.
In quest’ottica, il Collegio ha ritenuto che le offerte, in quanto atti negoziali, siano suscettibili di essere interpretate per ricercare l’effettiva volontà del dichiarante.
Il Consiglio di Stato ha delineato due modalità di ribasso: “diretto”, quando il ribasso viene applicato anche ai costi della manodopera, e “indiretto”, quando la manodopera è indicata separatamente a costi inferiori rispetto a quelli stimati dalla stazione appaltante.
E laddove, la stazione appaltante, abbia dubbi sull’effettiva portata dell’offerta economica presentata (ad esempio, per l’erronea indicazione dell’importo non ribassabile o per l’esplicitazione dei costi della manodopera), può (e nel caso specifico, secondo il Collegio, sarebbe stato opportuno) attivare il soccorso procedimentale. Tale possibilità è espressamente prevista dall’art. 101, comma 3, del d.lgs. n. 36/2023, che consente alle stazioni appaltanti di richiedere chiarimenti sui contenuti delle offerte tecniche ed economiche, purché i chiarimenti non comportino modifiche sostanziali all’offerta stessa.
Nel caso specifico, il Collegio ha respinto il ricorso e ritenuto corretta la decisione della stazione appaltante.
A parere dell’ANCE, la sentenza fornisce un quadro normativo chiaro e operativo per la gestione delle gare pubbliche, ribadendo che i costi della manodopera possono essere ribassati a condizione di rispettare i minimi salariali e di giustificare l’efficienza organizzativa alla base del ribasso. Al tempo stesso, sottolinea l’importanza di una gestione trasparente e sostanziale delle offerte da parte delle stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di risultato e fiducia.