Rientra tra le “specifiche caratteristiche del subappalto” che legittimano la previsione di un tetto massimo al subappalto la complessità tecnica delle opere impiantistiche da realizzare; ciò, non potendosi ritenere che una simile limitazione sia motivata solo nel caso di un potenziale contrasto con la criminalità organizzata, poiché le stesse direttive consentono all’amministrazione aggiudicatrice di esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente.
È quanto affermato nella sentenza n. 4161 del 9 maggio 2024 del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. V) di seguito approfondita dalla direzione opere pubbliche.
Oggetto della decisione del Collegio era una procedura di appalto per la costruzione di una scuola, che limitava il subappalto al 30% per la categoria OS28 (impianti termici e condizionamento). L’appaltatore aveva richiesto un’autorizzazione per un importo superiore al limite consentito.
Di fronte al diniego della stazione appaltante, l’impresa affidataria ha ricorso al TAR Friuli Venezia Giulia (sent. n. 4/2024), impugnando il provvedimento di rigetto dell’istanza di subappalto e la lex specialis di gara, sostenendo che tali limiti erano contrari alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 27 novembre 2019, in causa C-402/18 (che ha dichiarato incompatibile con la direttiva 2014/24/UE l’art. 105, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016), e alle direttive europee in materia di appalti pubblici.
Il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo che i limiti imposti fossero ben giustificati da specifiche ragioni tecniche evidenziate dall’amministrazione. La Corte di Giustizia UE non ha infatti censurato la previsione di limiti quantitativi al subappalto per una specifica gara, ma solo la loro fissazione in via generale e astratta dalla fonte primaria (art. 105, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016), «in quanto in contrasto con il principio di proporzionalità, potendosi ipotizzare misure meno restrittive idonee a perseguire l’obiettivo del legislatore di contrasto alla criminalità organizzata. Ciò comporta che non è possibile ricavare un divieto assoluto all’apposizione di limiti quantitativi al subappalto».
In merito alla tempestività del ricorso, il Consiglio di Stato ha respinto le osservazioni dell’amministrazione, evidenziando che le clausole della lex specialis non avevano contenuto oggettivamente escludente (v. Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4) e pertanto non richiedevano una loro tempestiva impugnazione. Il subappalto riguarda l’esecuzione contrattuale, quindi le relative clausole vanno impugnate con l’atto applicativo, diversamente dall’avvalimento che riguarda i requisiti di partecipazione.
Riguardo alla possibilità di porre un tetto massimo al subappalto, il Consiglio di Stato ha osservato che, secondo la Corte di Giustizia UE, non è coerente con il diritto europeo una normativa nazionale che vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto per una quota parte che superi una percentuale fissa dell’importo dell’appalto pubblico. A contrario, da ciò si desume che deve ritenersi consentita una limitazione specifica del subappalto, assistita da adeguata motivazione.
Pertanto, nel caso specifico e secondo lo stesso Collegio, era legittima la scelta dell’amministrazione che, nei documenti di gara, aveva espresso le ragioni della limitazione del subappalto nelle categorie OS28 e OS30, chiarendo che queste risiedevano «nella complessità tecnica delle lavorazioni, che richiede la prestazione prevalente e diretta dell’appaltatore, ai fini della corretta esecuzione del complesso impiantistico».
Inoltre, non può ritenersi – come asserito dal ricorrente – che il contrasto alla criminalità organizzata sia l’unico obiettivo che consente la limitazione del subappalto. Infatti, sia l’art. 105, comma 2, dell’abrogato d.lgs. n. 50 del 2016, sia l’art. 119, comma 2, del vigente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023) prevedono come possibile limite del subappalto anche le “specifiche caratteristiche del subappalto” concernenti, nel caso di specie, opere impiantistiche.
Tale ricostruzione è inoltre in linea con l’art. 63, par. 2, della direttiva 2014/24/UE, che consente all’amministrazione aggiudicatrice di esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente.
Sulla base di queste argomentazioni, il Collegio ha respinto l’appello.